lunedì 28 marzo 2011

NON LASCIARMI

Non lasciarmi
Titolo originale: Never let me go
Nazione: Gran Bretagna, USA
Anno: 2010
Genere: drammatico
Durata: 1h43m
Regia: Mark Romanek
Sceneggiatura: Alex Garland
Fotografia: Adam Kimmel
Musiche: Rachel Portman
Cast: Carey Mulligan, Andrew Garfield, Keira Knightley, Sally Hawkins, Charlotte Rampling, Andrea Riseborough, Domnhall Gleeson, Nathalie Richard, Charlie Rowe, Ella Purnell, Hannah Sharp, Kate Bowes Renna, Oliver Parsons, Luke Bryant, Izzy Meikle-Small, Damien Thomas, Fidelis Morgan, Christina Carrafiell, David Sterne


Trama
Kathy, Tommy e Ruth vivono in un collegio nella campagna inglese isolato dal mondo esterno. Frequentano lezioni di arte, storia e letteratura. I tre ragazzi si legano in un triangolo che durerà per molti anni, un’amicizia che ha come ago della bilancia Tommy che pur ricambiando apparentemente l’interesse di Kathy, si fidanza con Ruth. Ma dietro l’apparente idillio dei collegi frequentati dai ragazzi si nasconde un tragico destino.

Recensione
Tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore giapponese (trapiantato in Inghilterra) Kazuo Ishiguro, “Non lasciarmi” è uno film struggente sulla clonazione umana che in sé raccoglie argomenti universali come il tempo, l’amore, la morte, la scienza e l’arte.
La storia è raccontata dal punto di vista di Kathy (Carey Mulligan), una ragazza riflessiva e riservata. La sua voce narrante riecheggia passi importanti del libro di Ishiguro che il film, grazie alla sceneggiatura di Alex Garland, segue molto fedelmente. Come nel libro, nulla viene spiegato circa il contesto sociale che ha portato alla scelta di creare questi cottage nei quali vivono questi ragazzi. Non si ha la sensazione di una classe politica o azienda privata che amministra tutto con finalità mediche o economici. Non c’è l’ambientazione futuribile di film come “The Island” o “Gattaca”. Non è fantascienza, non ci sono macchinazioni, non ci sono atmosfere da thriller. La storia, infatti, inizia nel 1952 e si snoda in un periodo di circa trent’anni. “Non mi lasciare” parla di ragazzi “speciali” molto simili a quelli comuni che scoprono la propria identità condizionata da relazioni che, nonostante tutto, intrecciano tra amicizia e amore, invidie e gelosie.
La storia assume un contesto limbico ma molto reale. La fotografia livida ed ovattata di Adam Kimmel e le scenografie di Mark Digby spaziano tra l’austerità e l’elegiaco dei cottage, il claustrofobico degli ospedali fino alle immense esterne dove un freddo vento soffia incessante. La colonna sonora della compositrice britannica Rachel Portman conferma quel senso di indefinito nel quale si svolge la narrazione. Sorretto da questo ottimo comparto tecnico, il regista Mark Romanek non deve far altro che raccontare queste vite lasciando che lo spettatore si immerga con graduale consapevolezza. E’ inevitabile che sia colpito con violenza dalle verità che man mano vengono rivelate.
Romanek dirige benissimo il cast di giovani attori ed il trio di protagonisti: Carey Mulligan è meravigliosa nel suo essere contenuta nelle emozioni e soggiogata al suo destino; Keira Knightley, interprete del personaggio più flessibile, contribuisce, in particolar modo, con la sua fisicità che le consente di passare in modo credibile  da ruoli di donna matura e sicura di sé a quelli di ragazza incerta e dibattuta; un po’ abulico è, invece, Andrew Garfield.
“Non lasciarmi” è un film fatalmente frustrante, perché i personaggi sono caratterizzati da una passiva accettazione del loro tragico destino. Facile domandarsi perché non si ribellino, perché non fuggano via. Sono, infatti, liberi di uscire dai cottage e girare in macchina. Ma amano i cottege e la sensazione di protezione che li circonda. Una volta cresciuti, vivono in propri appartamenti e lavorano come assistenti di altri donatori sorreggendoli negli ospedali sparsi in diverse città. Non si oppongono perché c’è un dovere morale al quale non è possibile sottrarsi, un ruolo nel mondo per il quale sono stati creati e che nulla  può e deve impedire.
“Non lasciarmi” è film che fa riflettere sulla triste situazione in cui si trovano i personaggi, passivamente consapevoli del destino loro affidato e, più universalmente, sull’umana esistenza. Il profondo senso di rassegnazione può arrivare anche ad irritare, perché è come un pugno allo stomaco al quale non si può neanche reagire.

Voto: 74%


2 Comments:

Cannibal Kid said...

bello bello!
voto un po' bassino..

Frank M. said...

Un film che ho recensito proprio oggi e su cui più o meno la pensiamo alla stesso modo, nonostante io con il voto forse starei un po' più su. Un saluto.