Titolo originale: Man on a ledge
Nazione: USA
Anno: 2012
Genere: thriller
Durata: 1h42m
Regia: Asger Leth
Sceneggiatura: Pablo F. Fenjves
Fotografia: Paul Cameron
Musiche: Henry Jackman
Cast: Sam Worthington, Mandy Gonzalez, Barbara Marineau, J. Smith-Cameron, Anthony Mackie, Patrick Collins, Jamie Bell, Genesis Rodriguez, Afton Williamson, Robert Clohessy Joe Lisi Candice McKoy, Edward Burns, Johnny Solo, Titus Welliver
Trama
Nick Cassidy è un poliziotto in prigione per un crimine che non ha commesso. Riesce a evadere di prigione ma viene ritrovato dopo alcune ore, ripulito e sbarbato sul cornicione di un palazzo di un elegante complesso di New York. Inizia a radunarsi una folla di curiosi e la polizia tenta di trattare con Cassidy che chiede e ottiene di negoziare con la poliziotta Lydia Anderson. In realtà, tutto è parte di un piano che man mano verrà alla luce.
Recensione
Quando un film basa la sua trama su un uomo sul cornicione che minaccia di buttarsi giù nascondendo qualcosa di più di una semplice depressione è giusto chiamarlo “Man on a ledge”. E’ noto, però, che gli italiani sono un popolo di poeti, santi e navigatori, e così i maghi della distribuzione devono dimostrarsi creativi cambiandolo in “40 carati”, svelando così l’oggetto per cui il protagonista, l’ex poliziotto Nick Cassidy, si ritrova incastrato e ingiustamente (a suo dire) in prigione. Riesce a scappare nel modo più ridicolo e si ritrova sul cornicione pronto a rivendicare la sua innocenza. Subito si forma una folla di curiosi, spuntano subito gli ormai classici videofonini pronti a immortalare il salto nel vuoto. Il produttore della pellicola, Lorenzo di Bonaventura, ha affermato: “Abbiamo parlato a molti poliziotti veterani e persone che si sono trovate nella stessa situazione e tutti asseriscono che circa il 50% delle persone che guardano da sotto sperano che la persona non si butti, ma l’altro 50% spera l’inverso”. Nel film la percentuale non corrisponde a quanto dichiarato, perché regista danese Asger Leth ci mostra un pubblico compatto che si diverte facendo la ola e incitando l’uomo a buttarsi. No, non è lo specchio di una società raccapricciante. Asger è uno in gamba, è un figlio d’arte. Il papà è Jørgen Leth, poeta e regista danese, uno che ha catturato l’interesse di Lars von Trier tanto da voler rielaborare assieme uno dei suoi film realizzando “Le cinque variazioni”. Attraverso quella folla Asger Leth voleva rappresentare il sentimento del pubblico. Sì, perché l’unica speranza di chiudere subito questo obbrobrio di film era veder spiaccicato sull’asfalto Nick Cassidy.
Scherzi a parte, “40 carati” è un film brutto, ma tanto brutto da sperare finisca il prima possibile. La sceneggiatura di Pablo F. Fenjves è un compendio di banalità, enormi falle e idiozie. Un alternarsi tra film di rapina pieno di cliché e dialoghi orripilanti. Ad esempio, si può citare come durante la rapina il fratello di Nick rimanga sorpreso e indignato che la sua ragazza, ai tempi del liceo, sia stata una ladra. Si aggiungono scene action risibili: corse sul cornicione, salti con le liane imbracati a un poliziotto d’assalto e altre schifezze finali che e meglio non narrare.
Nonostante Leth avesse a disposizione un cast “di grido” ne viene fuori con un risultato molto modesto, un po’ per ruoli sbagliati, un po’ per pura incapacità di gestione. Sam Worthington non è in grado di sorreggere da solo il peso di una pellicola. Elizabeth Banks inizia a svelare il fatto di essere un’attrice sopravvalutata. Edward Burns torna a vestire i panni del bello idiota: un peccato, perché nei precedenti film ci stava convincendo del contrario. Ed Harris è il cattivo, ma cattivo, tanto cattivo da sembrare un deficiente. Kyra Sedgwick è nel ruolo di una giornalista d’assalto che spera di cogliere l’attimo in cui il pover’uomo si butti per fare share. Sembra che per studiare il personaggio la Sedgwick abbia visionato centinaia di puntate di “Pomeriggio 5” cercando di copiare l’atteggiamento trepidante ed eccitato di Barbara d’Urso durante i collegamenti con la casa degli orrori di Avetrana.
Senza alcun dubbio, “40 carati” è uno dei peggiori film di rapina mai realizzati. Pessima anche la componente da thriller psicologico: i dialoghi tra l’aspirante suicida e chi dovrebbe salvarlo sono penosamente ridicoli.
Voto: 33%
Nazione: USA
Anno: 2012
Genere: thriller
Durata: 1h42m
Regia: Asger Leth
Sceneggiatura: Pablo F. Fenjves
Fotografia: Paul Cameron
Musiche: Henry Jackman
Cast: Sam Worthington, Mandy Gonzalez, Barbara Marineau, J. Smith-Cameron, Anthony Mackie, Patrick Collins, Jamie Bell, Genesis Rodriguez, Afton Williamson, Robert Clohessy Joe Lisi Candice McKoy, Edward Burns, Johnny Solo, Titus Welliver
Trama
Nick Cassidy è un poliziotto in prigione per un crimine che non ha commesso. Riesce a evadere di prigione ma viene ritrovato dopo alcune ore, ripulito e sbarbato sul cornicione di un palazzo di un elegante complesso di New York. Inizia a radunarsi una folla di curiosi e la polizia tenta di trattare con Cassidy che chiede e ottiene di negoziare con la poliziotta Lydia Anderson. In realtà, tutto è parte di un piano che man mano verrà alla luce.
Recensione
Quando un film basa la sua trama su un uomo sul cornicione che minaccia di buttarsi giù nascondendo qualcosa di più di una semplice depressione è giusto chiamarlo “Man on a ledge”. E’ noto, però, che gli italiani sono un popolo di poeti, santi e navigatori, e così i maghi della distribuzione devono dimostrarsi creativi cambiandolo in “40 carati”, svelando così l’oggetto per cui il protagonista, l’ex poliziotto Nick Cassidy, si ritrova incastrato e ingiustamente (a suo dire) in prigione. Riesce a scappare nel modo più ridicolo e si ritrova sul cornicione pronto a rivendicare la sua innocenza. Subito si forma una folla di curiosi, spuntano subito gli ormai classici videofonini pronti a immortalare il salto nel vuoto. Il produttore della pellicola, Lorenzo di Bonaventura, ha affermato: “Abbiamo parlato a molti poliziotti veterani e persone che si sono trovate nella stessa situazione e tutti asseriscono che circa il 50% delle persone che guardano da sotto sperano che la persona non si butti, ma l’altro 50% spera l’inverso”. Nel film la percentuale non corrisponde a quanto dichiarato, perché regista danese Asger Leth ci mostra un pubblico compatto che si diverte facendo la ola e incitando l’uomo a buttarsi. No, non è lo specchio di una società raccapricciante. Asger è uno in gamba, è un figlio d’arte. Il papà è Jørgen Leth, poeta e regista danese, uno che ha catturato l’interesse di Lars von Trier tanto da voler rielaborare assieme uno dei suoi film realizzando “Le cinque variazioni”. Attraverso quella folla Asger Leth voleva rappresentare il sentimento del pubblico. Sì, perché l’unica speranza di chiudere subito questo obbrobrio di film era veder spiaccicato sull’asfalto Nick Cassidy.
Scherzi a parte, “40 carati” è un film brutto, ma tanto brutto da sperare finisca il prima possibile. La sceneggiatura di Pablo F. Fenjves è un compendio di banalità, enormi falle e idiozie. Un alternarsi tra film di rapina pieno di cliché e dialoghi orripilanti. Ad esempio, si può citare come durante la rapina il fratello di Nick rimanga sorpreso e indignato che la sua ragazza, ai tempi del liceo, sia stata una ladra. Si aggiungono scene action risibili: corse sul cornicione, salti con le liane imbracati a un poliziotto d’assalto e altre schifezze finali che e meglio non narrare.
Nonostante Leth avesse a disposizione un cast “di grido” ne viene fuori con un risultato molto modesto, un po’ per ruoli sbagliati, un po’ per pura incapacità di gestione. Sam Worthington non è in grado di sorreggere da solo il peso di una pellicola. Elizabeth Banks inizia a svelare il fatto di essere un’attrice sopravvalutata. Edward Burns torna a vestire i panni del bello idiota: un peccato, perché nei precedenti film ci stava convincendo del contrario. Ed Harris è il cattivo, ma cattivo, tanto cattivo da sembrare un deficiente. Kyra Sedgwick è nel ruolo di una giornalista d’assalto che spera di cogliere l’attimo in cui il pover’uomo si butti per fare share. Sembra che per studiare il personaggio la Sedgwick abbia visionato centinaia di puntate di “Pomeriggio 5” cercando di copiare l’atteggiamento trepidante ed eccitato di Barbara d’Urso durante i collegamenti con la casa degli orrori di Avetrana.
Senza alcun dubbio, “40 carati” è uno dei peggiori film di rapina mai realizzati. Pessima anche la componente da thriller psicologico: i dialoghi tra l’aspirante suicida e chi dovrebbe salvarlo sono penosamente ridicoli.
Voto: 33%
Trailer “40 carati”
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