venerdì 25 settembre 2009

DISTRICT 9

Locandina del film District 9Titolo originale: id.
Nazione: Nuova Zelanda, USA
Anno: 2009
Genere: fantascienza
Durata: 1h52m
Regia: Neill Blomkamp
Sceneggiatura: Neill Blomkamp, Terri Tatchell
Fotografia: Trent Opaloch
Musiche: Clinton Shorter
Cast: Sharlto Copley, Jason Cope, Nathalie Boltt, Sylvaine Strike, Elizabeth Mkandawie, John Sumner, William Allen Young, Greg Melvill-Smith, Nick Blake, Morena Busa Sesatsa, Jed Brophy, Louis Minnaar, Vanessa Haywood, Marian Hooman, Vittorio Leonardi, Mandla Gaduka, Johan van Schoor, Stella Steenkamp

Trama
Ormai sono passati più di vent’anni da quando un’astronave aliena ha fatto improvvisamente la sua comparsa nei cieli di Johannesburg, capitale del Sud Africa tra lo sbigottimento della popolazione locale. Nessun attacco alieno in grande stile, nessun incontro epocale che possa aver portato particolari benefici alla razza umana perché gli alieni altro non erano che dei profughi, rivoltanti e malconci, capitati sulla Terra per un problema alla loro astronave. I cosiddetti “non-umani” sono stati condotti nel “District 9”, una zona recintata e controllata dalla MNU, una multinazionale privata assolutamente non interessata al benessere degli alieni. Il vero obiettivo della MNU è quello di riuscire a far funzionare le potenti armi aliene, attivabili però soltanto attraverso il loro DNA. La situazione nella città di Johannesburg diventa insostenibile e la tensione cresce pericolosamente quando la MNU decide di allontanare gli alieni dal “District 9”, trasferendoli in una zona isolata, a 200 km. dalla città. Le operazioni di sgombero vengono affidate a Wikus van der Merwe che, a capo di una task force, dovrà recarsi nel “District 9” per far firmare ad ogni alieno la notifica di sfratto. Una volta lì, Wikus sarà però vittima di un episodio che cambierà il corso della sua vita.

Recensione
Diretto dall’esordiente regista sudafricano Neill Blomkamp, “District 9” è un film basato sul cortometraggio “Alive in Joburg” realizzato dallo stesso regista nel 2005. Poco più di sei minuti che testimoniano le grandi qualità di Blomkamp. Un corto in stile mock-documentary (finto documentario in stile “The Blair Witch Project”, “[REC]” e “Cloverfield”) che offre con sguardo onirico ma tristemente reale sulla situazione nella quale si trova coinvolta città di Johannesburg dopo l’improvviso arrivo di un’astronave aliena. Una piccola perla cinematografica tanto che Peter Jackson (regista, tra gli altri, di “King Kong” e la trilogia de “Il signore degli anelli”) ha concesso carta bianca al regista sudafricano per la realizzazione di “District 9”.
Partendo dunque dagli elementi del suo corto, Blomkamp ne approfondisce le tematiche mantenendo inalterati stile ed ambientazione. La tecnica del mock-documentary offre un grado di realismo che, in questo occasione, tocca punte di realismo incredibili: tg news, interviste ad esperti e protagonisti delle vicende, telecamere di sorveglianza che si sostituiscono alla mdp si intervallano alle classiche riprese girate nella capitale sudafricana. Non siamo in fastose location hollywoodiane, bensì tra le sporche e fatiscenti baraccopoli africane. L’alieno non è quello classico, brutto e cattivo, di film come “Aliens”, “Indipendence day” o “La guerra dei mondi”. I “non-umani” di “District 9” sono in realtà profughi malridotti e privi di ogni cattiva intenzione. Dopo un primo curioso contatto, la razza umana decide di emarginarli rinchiudendoli in una sorta di ghetto, controllati dalla MNU, tipica multinazionale senza scrupoli, il cui unico obiettivo è quella di trarne il maggior vantaggio economico. La nave madre non è approdata a New York, Parigi o Roma, bensì a Johannesburg. Una scelta non casuale che vuole far riflettere sul concetto di apartheid, una politica di segregazione razziale, i cui effetti sono ancora oggi vissuti dalla popolazione sudafricana. Blomkamp tratta dunque apertamente problemi sociali come discriminazione razziale, difficoltà di integrazione, intolleranza verso il diverso (il titolo del film si ispira infatti al “District Six”, una zona residenziale dove venne isolata la popolazione locale durante l’apartheid).
La sceneggiatura, opera dello stesso regista assieme alla sua compagna Terri Tatchell, dà origine ad un crescendo narrativo che inchioda lo spettatore senza ricorrere ad eccessivi effetti speciali o stereotipi classici del cinema fantascientifico. Dopo una parte iniziale che espone, intenzionalmente, in maniera confusa e sbrigativa l’arrivo degli alieni e le loro difficoltà di integrazione, il film entra nel vivo con momenti drammatici e di azione frazionati con misurato equilibrio. “District 9” è un ingranaggio perfetto, ben supportato dal protagonista Wikus Van De Merwe, interpretato dallo sconosciuto Sharlto Copley, già presente in “Alive in Joburg” nei panni di un cecchino. Se nel corto offre l’aspetto da duro, Copley è qui un dipendente mediocre, innamorato del lavoro e di sua moglie, e gestisce in maniera divertente e credibile il personaggio ed il suo trasformarsi da nerd impelagato in un compito sgradevole prima in egoista meschino e senza scrupoli e poi in difensore dei diritti degli alieni.
Malgrado gli effetti speciali non siano spettacolari, risulta perfetta la realizzazione degli alieni: era sufficiente renderli ripugnanti ed il risultato è stato raggiunto. Ma al di là dell’iniziale ribrezzo che lo spettatore può provare per queste creature simili a gamberi giganti, in seguto, scopre come queste, d’altra parte vittime della cattiveria della razza umana, siano dotate di sentimenti, in particolare, della tristezza di trovarsi lontani casa, desiderosi di farci ritorno il più presto possibile. “District 9”, in realtà, non è un film sugli alieni, bensì sulla nostra razza che si definisce “umana”, ma che spesso di umano ha ben poco. Se nella realtà gli extra-terrestri non si sono ancora manifestati (per chi crede alla loro esistenza), fino ad oggi le vittime sono state altre “minoranze”: la storia non ci ricorda soltanto l’apartheid, ma episodi attuali l’immigrazione clandestina che si verificano anche in Italia ed i campi “di accoglienza” che di accogliente hanno ben poco; inoltre, non è possibile dimenticare un altro triste episodio di meno di un secolo fa, quando il nazisti furono capaci di segregare milioni di ebrei nei campi di concentramento (simili al “District 9”), perché considerati “non-ariani” (palese il parallelismo con il “non-umani” descritto nel film).
Di particolare effetto la colonna sonora di “District 9”: tra le tracce hip hop da puro ghetto spicca la theme song, un canto d’Africa che porta con sé la drammaticità e la sofferenza di un popolo che, come si è detto, si può immedesimare con gli alieni nel film.
Neill Blomkamp porta sullo schermo un film fantastico, coraggioso, realistico pur avendo caratteristiche ben definite di un film di fantascienza. Non ci troviamo di fronte all’intimismo filosofico di “Blade Runner”, ma “District 9” è un nuovo modo di fare cinema partendo da concetti già esistenti. Dopo averlo visto comprenderete quali sono le motivazioni che hanno spinto Peter Jackson ad investire su un regista sconosciuto come Neill Blomkamp.

Voto: 82%


6 Comments:

Cannibal Kid said...

sono sempre più curioso di vederlo..

Anonimo said...

Bellissimo poetico. Qui negli States District 9 ha avuto un successo, meritato, incredibile!

Consigliatissimo non soltanto agli amanti della fantascienza perché District 9 è un film per tutti!

Anonimo said...

Oggi o domani ci vedo. Il tuo posto conferma le mie alte aspettative.
Ale55andra

Anonimo said...

Cosa significa District 9?

Anonimo said...

District 9 per me non vuol dire nulla!!!
Ti fa cadere le palle!!!!

PaolaClara said...

Io l'ho trovato molto interessante, non banale e ben fatto. Nonstante il cast di sconosciuti, l'ambientazione e l'impostazione del regista.
Volendo può indurre a pensieri più profondi riguardo alla nostra natura e al nostro destino, oppure lasciare in sospeso per la mancanza di momenti catartici.
Un bel film. Diverso.