martedì 6 dicembre 2011

MELANCHOLIA

Melancholia: trama e recensione
Titolo originale:
Nazione: Danimarca, Francia, Germania, Svezia
Anno: 2011
Genere: drammatico
Durata: 2h10m
Regia: Lars von Trier
Sceneggiatura: Lars von Trier
Fotografia: Manuel Alberto Claro
Musiche: Kristian Eidnes Andersen
Cast: Kirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland, Alexander Skarsgård, Udo Kier, Brady Corbet, Cameron Spurr, Charlotte Rampling, Jesper Christensen, John Hurt, Stellan Skarsgård, James Cagnard, Deborah Fronko, Charlotta Miller, Claire Miller, Gary Whitaker


Trama
Il pianeta Melancholia sta attraversando il Sistema Solare, con il rischio di entrare in collisione con la Terra. Malgrado il mondo scientifico sia convinto che il pianeta non si scontrerà con la Terra, la sua presenza nel cielo appare come una minaccia incombente. Nel frattempo, la vita sembra scorrere normalmente: Justine sta arrivando al ricevimento del suo matrimonio che Claire e il marito John le hanno organizzato nella loro splendida villa.

Recensione
“Melancholia”, ultima fatica di Lars von Trier, ha inizio con un prologo nel quale le scene fluiscono in un lentissimo slow motion a rappresentare immagini intense e oniriche: dipinti surreali, quasi magrittiani, sulle note di “Tristano e Isotta” di Richard Wagner. Una sintesi del dramma metaforico e universale di ciò che verrà proposto in seguito.
In “Melancholia” von Trier racconta l’essere umano in balia non tanto della morte, ma della sua improrogabile estinzione. Tutto è filtrato attraverso gli occhi di due sorelle, per nulla simili. Provengono da una famiglia che ormai da anni si è disintegrata. Justine è instabile, malata, autodistruttiva. Non ha superato la mancanza dell’unione familiare e reagisce in modo assurdo, arrivando a rovinare quello che è tradizionalmente il giorno più felice di una donna, quello del matrimonio. Una celebrazione familiare mostrata in modo molto simile a “Festen - Festa in famiglia” dell’amico regista Vinterberg: un falso perbenismo che nasconde meschinità e ipocrisia. Il pessimismo di Justine è talmente tragico da raggiungere vette leopardiane quando afferma con totale indifferenza: “L’unica cosa che so è che la vita sulla terra è cattiva”. Causa forse di questo disagio esistenziale è la madre che, in poche battute, mostra tutto il suo spietato cinismo e biasimo nei confronti del mondo e di ogni istituzione sociale. Claire è, invece, riuscita almeno in apparenza a superare i suoi problemi costruendo le proprie sicurezze attorno alla sua famiglia. Suo marito John è, infatti, un ricco (= sicurezza economica) scienziato (= sicurezza psichica) e marito/padre amorevole (= sicurezza sentimentale).
Tutti gli eventi e le relazioni sociali sono condizionati dall’alto, perché lì su, in cielo, c’è Melancholia, un pianeta in rotta di collisione con la Terra. Le reazioni a questo evento funesto sono del tutto diverse. John, che ripone tutte le sue certezze nella scienza, quando si renderà conto della realtà dei fatti, comprenderà quanto sia piccolo nei confronti dell’universo e sceglierà (da bravo fedele della scienza) l’opzione più tragica. Justine, nel suo incrollabile pessimismo, vivrà la situazione quasi come una liberazione. Chi, invece, non accetta quanto sta accadendo è Claire. La sua reazione è la più nevrotica. Proprio lei che con il suo equilibrio stava sostenendo la sorella. Neanche la grotta magica che costruirà per salvare se stessa, ma soprattutto suo figlio, potrà salvarla dal destino.
Le sue idee sono chiare e riportate sullo schermo senza mezzi termini da un cast che il regista danese sceglie sempre in modo perfetto e che gestisce in modo maniacale, tirando fuori il massimo da ognuno. E’ davvero difficile stabilire chi meriti la palma della migliore interpretazione tra Charlotte Gainsbourg (Claire) e Kirsten Dunst (Justin), sebbene sia stata quest’ultima a vincere quella messa in palio al Festival di Cannes 2011. I sentimenti e le reazioni contrastanti delle due sorelle trasudano in ogni sguardo e in ogni battuta.
Lar von Trier, dunque, ci regala un’altra manifestazione del suo pessimismo nei confronti del mondo e degli uomini che, fin dagli inizi della sua carriera cinematografica, considera come una massa amorfa di cinismo e malvagità. “Melancholia” segna una nuova tappa del percorso cinematografico (e ideologico) di un regista magari antipatico, ma senza dubbio geniale. “Melancholia” è una cretura a perfetta immagine del suo creatore: difficilmente digeribile. Ma è cibo che il vero cinefilo apprezzera con gusto.

Voto: 88%


3 Comments:

persogiàdisuo said...

Lars Von trier è da inserire nelle grandi delusioni dell'anno, purtroppo.

ISOLE-GRECHE.com said...

Come uomo sicuramente, ma come regista no. Melanchonia è uno dei suoi migliori lavori.

Anonimo said...

Lento, lento, lento: Melancholia è un film che dice qualcosa ma la dice in modo troppo barboso!