sabato 7 gennaio 2012

MIRACOLO A LE HAVRE

Miracolo a Le Havre
Titolo originale: Le Havre
Nazione: Finlandia, Francia, Germania
Anno: 2011
Genere: commedia, drammatico
Durata: 1h33m
Regia: Aki Kaurismäki
Sceneggiatura: Aki Kaurismäki
Fotografia: Timo Salminen
Musiche: Tero Malmberg
Cast: André Wilms, Kati Outinen, Jean-Pierre Darroussin, Blondin Miguel, Elina Salo, Evelyne Didi, Quoc Dung Nguyen, François Monnié, Roberto “Little Bob” Piazza, Pierre Etaix, Jean-Pierre Leaud, Vincent Lebodo, Umban U’kset, Patrick Bonnel


Trama
Marcel Marx, un tempo bohemien parigino, vive adesso nella città portuale di Le Havre, dove lavora come lustrascarpe. Ogni sera torna a casa dalla moglie Arletty, non prima di essere passato al bar per un bicchiere di vino. Un giorno, mentre mangia un panino per pranzo, si imbatte in un ragazzino immigrato proveniente dall’Africa. Nel frattempo, Arletty viene ricoverata in ospedale per una brutta malattia.

Recensione
“Miracolo a Le Havre” è una fiaba ambientata in un piccolo quartiere dove tutti si conoscono, persone dal cuore tenero, generose pur avendo poco o niente per vivere. Il cinema di Aki Kaurismäki è essenziale, fatto di dialoghi scarni e location umili. Il risultato è quasi sempre contraddistinto da una narrazione lenta, che riserva non poche sorprese, mai volto al compiacimento visivo dello spettatore. Il regista finlandese è capace di esprimere il suo punto di vista senza ricorrere alle parole, con una semplice composizione scenica (un chiaro esempio è la scena dei sacerdoti). Kaurismäki racconta storie fatte di emarginazione e povertà riuscendo però a conservare sempre uno spirito ironico anche nelle situazioni disperate.
“Miracolo a Le Havre” ha come protagonista un lustrascarpe, Marcel Marx, un personaggio che lega questo cinema al neorealismo di Vittorio De Sica di “Sciuscià” e “Miracolo a Milano”, al quale fa chiaro riferimento il titolo italiano, per una volta ben scelto. Se nel cinema americano i protagonisti sono spesso manager, campioni sportivi, playboy o altri personaggi di successo, “Miracolo a Le Havre” mette in mostra persone umili costrette a sopravvivere a una vita difficile, tuttavia sempre con il sorriso sulle labbra. Il messaggio del film è semplice quanto importante: il miracolo cui assistiamo non è tanto quello di Dio che guarisce da una malattia incurabile, bensì quello dell’uomo capace di darsi completamente al prossimo. Fornaia, fruttivendoli, lustrascarpe, barista: umili che aiutano persone ancor più umili, unendosi e cotrappnendosi alla legge che spesso non è in grado di discernere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, facendo di tutta l’erba un fascio. E’ forte il contrasto tra società ricca e povera tanto che anche uno stupido commesso di un negozio di scarpe si può prendersi il lusso di chiamare il lustrascarpe Marcel “terrorista”, ma è uno stupido. Non dovrebbero essere stupidi i politici che spesso giustificano le leggi sull’immigrazione con la lotta al terrorismo. Un ragazzino di colore giunto dall’Africa, “capitato a Le Havre per caso”, perché intercettato dalla polizia assieme ai suoi connazionali, ha come unico desiderio di raggiungere la madre a Londra. Non certo si tratta di un terrorista, ma il prefetto, magari per questioni elettorali, predispone un esercito affinché quel ragazzino sia consegnato alla giustizia. Per fortuna, anche i poliziotti sono uomini di buon cuore, lo è anche l’ispettore Monet, ufficialmente nel ruolo di antagonista, ma che di nero ha soltanto cappotto e cappello.
Il cast di “Miracolo a Le Havre” è composto da attori finlandesi francesi. André Wilms (Marcel Marx) ha il giusto volto segnato dalla vita e che nasconde tanta esperienza: è proprio quel bohemien di “Vita da bohéme”, diretto dallo stesso Kaurismäki, stanco di quella vita e ritiratosi in una città più tranquilla; il francese Jean-Pierre Darroussin (ispettore Monet), attore feticcio di Robert Guediguian, è straordinario; Kati Outinen (Arletty), quasi sempre nei film Kaurismäki, è l’emblema del suo cinema: poche parole che esprimono un universo di riflessioni. Perfette le scenografie: sia gli interni che gli esterni del quartiere dove vive Marcel ricordando molto gli anni ’70/’80. La cura negli oggetti è il risultato del lavoro dello scenografo Wouter Zoon, esperto trovarobe.
“Miracolo a Le Havre” è un film molto lento, non per tutti. Di sicuro, toccante e commovente. Una piacevole dimostrazione di come spesso la bontà sia degli ultimi della nostra società. Quanto è vero il titolo del film di Totò “Miseria e nobiltà”.

Voto: 76%


3 Comments:

Sandra M. said...

Ancora non sono riuscita a vederlo...passata la folla del periodo natalizio spero di poter rimediare.
Buon anno!

Irene Pazzaglia said...

Passerò più tardi a leggere attentamente, volevo dirti che hai proprio un magnifico blog, molto ben fatto e curato, interessantissimo!I miei complimenti, mi sono aggiunta ai tuoi followers!
Ciao, buona giornata!Irene
http://cicciafashion.blogspot.com

stracinema said...

Non vedo l'ora di vederlo...purtroppo non ne ho avuta ancora occasione ma immagino anche io che non sia propriamente per tutti...