venerdì 13 gennaio 2012

J. EDGAR

J. Edgar recensione film
Titolo originale: id.
Nazione: USA
Anno: 2011
Genere: biografico, drammatico
Durata: 1h57m
Regia: Clint Eastwood
Sceneggiatura: Dustin Lance Black
Fotografia: Tom Stern
Musiche: Clint Eastwood
Cast: Leonardo DiCaprio, Naomi Watts, Armie Hammer, Judi Dench, Josh Hamilton, Geoff Pierson, Cheryl Lawson, Kaitlyn Dever, Brady Matthews, Gunner Wright, David A. Cooper, Ed Westwick, Kelly Lester, Jack Donner, Dylan Burns, Jordan Bridges


Trama
J. Edgar Hoover è stato per 48 anni l’uomo più potente degli Stati Uniti. A capo dell’FBI fino alla morte, Hoover ha combattuto chiunque minasse la sicurezza del suo paese. Hoover ha contrastato minacce sia vere che inesistenti, spesso infrangendo la legge col fine di proteggere i suoi concittadini. J. Edgar Hoover ossessionato dal suo lavoro e dalla madre, una donna cinica e determinata a vedere il figlio primeggiare. Nessun amico se non il suo collega, e presunto amante, Clyde Tolson, Hoover era temuto da tutti anche perché chi si metteva contro di lui rischiava di essere messo alla gogna a causa delle numerose informazioni riservate che teneva nascoste pronto a ricattare chiunque.

Recensione
Chi è J. Edgar? A molti questo nome dirà poco o nulla. Per quasi mezzo secolo, J. Edgar Hoover è stato l’uomo più potente e temuto degli Stati Uniti d’America, capo Federal Bureau of Intelligence (F.B.I.). I presidenti cambiavano, Hoover era sempre lì al suo posto, tormentato dall’appassionata quanto fanatica ricerca di un nemico interno al Paese: prima i comunisti, poi i gangster, infine il leader nero Martin Luther King. Non avrebbe fatto sconti neanche alla famiglia Kennedy se avesse ostacolato le sue attività.
“J. Edgar” si presentava, così, un progetto molto ambizioso. Clint Eastwood doveva raccontare un periodo controverso della storia americana attraverso le memorie di uno degli artefici di questo difficile clima. Un progetto che richiedeva un complesso lavoro di ricostruzione perché poteva limitarsi al classico biopic. La vita di J. Edgar Hoover è stata una fitta ragnatela di relazioni con altri uomini potenti, criminali e non, e di rapporti personali, pochi ma determinanti, che influirono sulla sua personalità e sulle sue scelte. Ebbene, dopo il mediocre “HereafterClint Eastwood compie un altro passo falso.  Sarà stato per un personaggio discutibile del quale che non può suscitare simpatia, ma la narrazione fredda e didascalica fa di “J. Edgar” un film privo di empatia.
Cosa sappiamo in più di J. Edgar Hoover alla fine del film? Che era un uomo tanto potente quanto temibile: o eri con lui, o rischiavi di essere fatto fuori; un uomo ossessionato dal lavoro, privo di vita sociale; una mente geniale capace di riorganizzare la lotta contro il crimine; un paranoico che si creava nemici da combattere; un razzista totale perché arrivava a disprezzare anche se stesso e la sua bassa statura; un esaltato dall’idea dell’immortalità tanto da inettarsi durante la sua vecchiaia soluzioni vitaminiche nel sangue. La sua omosessualità non aggiunge nulla e nel rapporto con la madre appare più mammone che vittima di un più profondo complesso edipico (inquietante la sequenza del ballo con la madre). Tanto potente in pubblico, tanto fragile in privato, nei confronti delle donne e della madre, donna cinica e spietata tanto da affermare di preferire un figlio morto che omosessuale.
La sceneggiatura di “J. Edgar” porta la firma dell’attivista gay Dustin Lance Black, lo stesso che aveva descritto in “Milk” un’altra influente figura omosessuale: un ritratto privo di enfasi perché erano le sue battaglie politiche a parlare per lui. I continui salti temporali accompagnati dalla voce narrante, spesso fastidiosa, appaiono totalmente sbilanciati nonché fuorianti. Non aggiungono dinamismo alla storia, rendendola ancor più pesante. Perché infastidisce quella voce narrante dell’anziano Hoover? Eppure la voce è affidata a Francesco Pezzulli, storico doppiatore di Leonardo DiCaprio che da “Titanic” non se ne era mai distaccato. Pezzulli si limita a gonfiare il petto emettendo una voce impostata: lo stesso che farebbe, per gioco, un bambino. Il risultato è chiaramente risibile. Ancor peggio è il make-up utilizzato per invecchiare Leonardo di Caprio e Armie Hammer (Clyde Tolson): inguardabile, da cinema amatoriale. A parte DiCaprio, sempre “titanico”, il resto del cast recita troppo in sordina come se temessero davvero l’ingombrante presenza di Hoover. Anche Naomi Watts appare troppo timida. Nel suo caso, almeno, la versione “anziana” è decente. Julie Dench, nei panni della madre, entra bene nel personaggio pur non lasciando nulla che da ricordare ai posteri.
A supporto della storia una colonna sonora quasi inesistente, qualche nota di un pianoforte suonato dallo stesso Clint Eastwood.
In poche parole, “J. Edgar” non è un film da consigliare. Non è il film che ci si attende da un regista che ha realizzato film come “Gli spietati”, “Mystic River”, “Million Dollar Baby”, “Changeling” e “Gran Torino”. Narrazione troppo distaccata, mancanza di ritmo, eccessiva caricatura dei personaggi. L’incedere lento della storia appare inutile, perché c’è poco materiale valido su cui riflettere. L’unico a salvarsi è proprio quel Leonardo DiCaprio finora sempre snobbato dall’Accademy Award.

Voto: 46%


5 Comments:

Adriano Maini said...

Avendo oltrettutto letto molti libri su Hoover, penso proprio tu abbia ragione. Nondimeno, se mi capita, butterò, come si suol dire, un'occhio a questo film.

Jesino said...

Un film da vedere, poi come attore Di Caprio mi piace molto.

Marina Salomone said...

Anche se questa critica sembra piuttost scoraggiante e la mia frequentazione delle sale cinematografiche piuttosto rara, voglio vedere questo film perchè ho una smisurata ammirazione e fiducia culturale in Clint.... ti dirò così in seguito il mio giudizio ;-)
buona settimana!!!

persogiàdisuo said...

A me è piaciuto, la parte della sua vita privata poi riscatta tutto il resto!

Babol said...

non uno dei migliori Eastwood ma uno dei film migliori (e coraggiosi) visti negli ultimi tempi.
Di Caprio molto bravo, anche se il trucco del coprotagonista da vecchio è davvero dilettantesco e orribile.